CONTE, RENZI E IL BEL PAESE CHE NON C`È PIÙ


Due personaggi simili che identificano l`Italia di oggi.
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Genova, 19/11/2014 -


Conte come Renzi. L’uno si scaglia contro le società di calcio che non collaborano per la crescita della Nazionale, l’altro si dice progressista rottamando tutto ciò che secondo lui è vetusto e obsoleto. C’è un collegamento caratteriale tra i due. Mai contenti, sempre contro tutti e tutto per un cambiamento che non sempre vuol dire miglioramento. Il carattere di Conte lo conosciamo fin dai tempi della Juve. Sempre aggressivo in sala stampa, sempre contro ogni ipocrisia dettata dal sistema. Irascibile, ma gran lottatore per le cose giuste. Quando era alla Juve non faceva molto caso alla Nazionale e ai suoi impegni. Badava al sodo come sempre, ma in maniera egoistica pensava solo alla sua squadra. Oggi che è passato dall’altra parte, si rende conto di certe difficoltà che forse non aveva previsto in partenza. Mette le mani avanti dicendo che gli è stato chiesto di avviare un nuovo corso della Nazionale azzurra, ma egli ribatte dicendo che è impossibile lavorare ritrovandosi dopo quattro mesi per le convocazioni alla prossima partita. Adesso, infatti, la sua Nazionale si ferma per quattro mesi, libera com’è da impegni per la partecipazione ai prossimi campionati europei. Ma la mentalità di Conte non ammette pause così lunghe, almeno per chi ha bisogno di lavorare in un certo modo per raggiungere un’idea nuova di gioco, un razionale impegno a faticare, correre, provare e riprovare schemi premianti che possano far raggiungere l'obiettivo prefissato. Vista dalla sua angolazione, è una logica che non fa una piega. Ma la Nazionale, la conduzione, la preparazione periodica dovuta alla coincidenza con le convocazioni fatte una settimana prima della partita, non possono certamente cambiare un gioco, una mentalità vincente, un gruppo unito per il raggiungimento di qualcosa che Conte chiama da sempre "sogno da realizzare". E così, come si dice spesso in queste occasioni, il C.T. della Nazionale azzurra “Si bagna prima di piovere”. Mette cioè le mani avanti, dicendo che con questo metodo non si va da nessuna parte. A nostro avviso, ciò che pensa e dice Conte non lo riteniamo sbagliato, anzi lo troviamo assolutamente corretto. Ma c’è un problema annoso che va a cozzare con gli alti interessi economici delle società di calcio e dei diritti che vantano su sponsor e televisioni. Le società lavorano per vincere. Sì, perché la sconfitta significa perdere sul campo ma soprattutto in borsa. Significa un passivo in bilancio e perdite di merchandising. Questo, Conte lo sa bene. E sa pure che in questa nostra Italia è sempre più difficile raggiungere l’equilibrio delle cose. Organizzare degli stage infrasettimanali affinché Conte possa avere i giocatori durante la settimana a disposizione del Club Italia, significa interrompere la preparazione della squadra di club alla partita di fine settimana. Gli impegni sono tanti e anche massacranti, in questo nostro campionato italiano improntato com’è sul giocare sempre durante la settimana e a tutte le ore. Le esigenze di sponsor e  televisioni, si sa, la fanno da grande in un sistema vorticoso che si basa solo ed esclusivamente sul dio denaro. Per questo, ci schieriamo dalla parte di Conte. Forse in maniera romantica, ma anche razionale dal punto di vista della logica del lavoro che paga solo se effettuato con continuità. Tuttavia, ci rendiamo anche conto che con questo sistema, il problema è di difficile soluzione. D’altra parte il C.T. azzurro avrebbe dovuto sapere, prima di assumere il suo incarico, come girano le cose pallonare in quello che un tempo è stato il Bel Paese. Già, il Bel Paese della politica, del lavoro, del benessere economico e anche del calcio che ci faceva vincere nel mondo. C’era una volta il Bel Paese chiamato Italia. Ce lo dice Renzi in politica. E adesso, ce lo ricorda anche Conte per quanto riguarda il calcio.

Salvino Cavallaro       





Salvino Cavallaro